2 – Sentenza Secondo Grado

Sentenza Secondo Grado

N. 75/11 Reg. Sent.

N. 339/10 Reg Gen.

SENTENZA

In data 2/2/2011

depositata in cancelleria il 16-2-2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Catanzaro, Prima Sez. Penale composta dai Sigg.

1) Dott. Donatella GARCEA – Presidente

2) Dott. Alessandro BRAVIN – Consigliere

3) Dott.ssa Isabella RUSSI – Consigliere

Con l’intervento del P.M. rappresentato dalla Dott.sa Raffaela SFORZA con l’assistenza del segretario sottoscritto Dr. Giuseppe STRANIERI ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa penale

CONTRO

GIOVIALE Carmine Vincenzo (detto: “Enzo”), nato a Martone il 16/7/1966, Codice fiscale: GVLCMN66L16E993Z, residente a Soverato (CZ – Catanzaro), Via Giordano Bruno n. 97          libero – contumace

IMPUTATO 

a) Del reato p. e p. dell’art. 640, art. 61 n. 7 e n. 11 c.p., perchè, abusando della fiducia ingenerata dalla relazione derivante dalla prestazione di opera professionale quale avvocato, mediante articifi e raggiri consistiti nel garantire al suo assistito che il modo migliore per preservare il suo patrimonio da eventuali procedure esecutive dai creditori nei suoi confronti sarebbe stato quello di custodire personalmente detto patrimonio, in parte investendolo in operazioni finanziarie personalmente gestire in Bulgaria, inducendo in errore il suo cliente XXXXXXXXXX che si determinava a consegnare in contanti Euro 60.000,00 (ricevendo in garanzia un assegno a sua firma tratto da un conto corrente personale della somma di Euro 63.000,00), nonchè ulteriori Euro 100.000,00 (ricevendo sempre in garanzia altro assegno bancario della somma di Euro 100.000,00), otteneva l’ingiusto profitto pari a circa l’intera somma a lui consegnata da XXXXXXXXXX (10.000,00 Euro venivano recuperati mediante riscossione di uno degli assegni), posto che il capitale investito -nè tantomeno eventuali interessi- fu mai restituito a XXXXXXXXXX, nè gli assegni offerti in garanzia risultarono interamente riscuotibili. Con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 c.p. di aver cagionato alla persona offesa un danno di rilevante entità. Con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera. In Catanzaro l’1.11.2003

b) del reato p. e p. dell’art. 166 D. LGS. 58/98 per aver esercitato abusivamente l’attività di consulenza – intermediazione finanziaria, privo di qualsivoglia autorizzazione. In Catanzaro novembre 2003.

c) del reato p. e p. dell’art. 485 c.p. per aver formato un falso “mandato di gestione fiduciaria” in cui era apparsa in calce la firma XXXXXXXXXX. In Catanzaro il 26.2.2004

APPELLANTE

Avverso la sentenza del 8/7/2009 del Tribunale di Catanzaro, con la quale visti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiarava l’imputato colpevole dei delitti a lui ascritti ai capi a) e c) della rubrica unificati in continuazione e, riconosciute circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, lo condannava alla pena di mesi 8 (otto) di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Visti gli artt. 538 e seguenti c.p.p. condannava altresì, l’imputato al risarcimento dei danni morali in favore della costituita parte civile, che liquidava nella misura di Euro 10.000,00 nonché al rimborso delle spese relative alla costituzione e difesa nel presente giudizio che determinava in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori come per legge. Visto l’art. 163 c.p. ordinava la sospensione condizionale della pena. Visto l’art. 530, c. 2 c.p.p., assolveva l’imputato dal reato a lui ascritto al capo b) della rubrica perché il fatto non sussiste.

CONCLUSIONI

Le parti hanno così concluso:

Il P.M.: conferma sentenza;

Il difensore della parte civile: si riporta alle conclusioni;

Il difensore dell’imputato: accoglimento motivi di appello; in subordine la declaratoria di improcedibilità per maturata prescrizione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza emessa l’8 Luglio 2009 dal Tribunale di Catanzaro, GIOVIALE Carmine Vincenzo (detto: “Enzo”) veniva condannato alla pena di mesi 8 (otto) di reclusione e 300,00 Euro di multa, per i reati di truffa e falso.

Il giudice di primo grado aveva sostenuto come la penale responsabilità dell’imputato fosse emersa, in maniere tranquillante, dalla deposizione della parte offesa, XXXXXXXXXX, che, peraltro, aveva trovato validi riscontri nella documentazione acquisita e nelle deposizioni degli altri testi escussi.

Avverso tale pronuncia proponeva appello la difesa dell’imputato chiedendo, in primo luogo, l’assoluzione del suo assistito.

Evidenziava, a sostegno della richiesta, come il giudice di primo grado avesse compiuto una errata valutazione delle deposizioni testimoniali e, in particolare, quella della parte offesa che, in più di un’occasione, sarebbe stata contraddittoria e smentita dalle deposizioni degli altri testi escussi.

Quanto al reato di cui al capo C, sosteneva l’insussistenza del falso come ritenuto. Ciò perchè intanto XXXXXXXXXX aveva omesso di avere conferito diversi mandati all’appellante e perchè, sul documento, nel procedimento civile instaurato, era stata disposta perizia al fine di appurarne l’autenticità.

In subordine eccepiva l’eccessività della pena inflitta.

All’udienza del 2 Febbraio 2011, sentite le parti, che concludevano come da verbale, la Corte decideva come da dispositivo.

L’appello proposto non può trovare accoglimento.

Preliminarmente deve dichiararsi l’infondatezza l’eccezione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione sollevata in udienza dalla difesa.

I fatti per i quali è processo risalgono al Novembre 2003, quanto alla truffa, e al Febbraio 2004 quanto all’ipotesi di falso. Di tutta evidenza come, ad oggi, non risulti ancora spirato il termine massimo prescrizionale a norme dell’art. 157 c.p.

Quanto al merito, l’impugnata sentenza appare adeguatamente motivata a tutti i passaggi.

Ed altresì la stessa appare chiara e logica nel suo svolgersi, sì da non potere essere in alcun modo ritenuta contraddittoria.

Nel corpo del provvedimento si dà atto, in maniera convincente, della credibilità della parte offesa, la quale, pertanto non appare da mettere in discussione.

Il racconto di XXXXXXXXXX è stato infatti ordinato e preciso. Privo di contraddizioni. Completo ed esaustivo.

Senza esitazioni il teste ha risposto alle domande anche insinuose della difesa, offrendo sempre risposte logiche e plausibili.

Una deposizione, quindi, pienamente convincente ed attendibile, che ha superato appieno un controllo rigoroso, come richiesto nel caso di esame della parte civile.

La giurisprudenza di legittimità è infatti concorde nel ritenere come la deposizione della persona offesa possa essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi terzo e quarto, cod. proc. pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni.

Nonché a sostenere come, qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile, e sia, percò, portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilità debba essere più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e può rendere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 29372 del 24/06/2010)

L’analisi della deposizione, per come sopra descritto, ha permesso di ritenere rispettati i dettami richiesti ed è risultata altresì confermata oltre che dalla documentazione acquisita (assegni e scrittura privata del Luglio 2004) anche dalle altre prove dichiarative ad eccezione della testimonianza di Fazio Felice, di cui si dirà.

Questo il racconto della parte offesa, per come reso, in dibattimento di primo grado all’udienza del 19 Maggio 2008.

All’epoca dei fatti, XXXXXXXXXX si era dedicato all’attività di web marketing per conto di una società XXXXXXXXXX.

Detta cosietà era stata denunciata per truffa da parte di alcuni clienti. Era per tale ragione che XXXXXXXXXX, temendo di potere essere a sua volta (sia pure ingiustamente) denunciato – come era successo peraltro, ad altri promotori – si era rivolto ad un avvocato, tale GIOVIALE Graziella (detta: “MariaGrazia”), per un’eventuale tutela in sede penale.

Le temute denunce querele venivano sporte, mam anche grazie all’intervento del difensore nominato, erano state rimesse e la questione, quindi, alla fine, risolta nel migliore dei modi.

In quel periodo (prima della definizione a suo favore del procedimento penale), pertanto, XXXXXXXXXX aveva necessariamente frequentato lo studio dell’avvocato, dove lavorava anche l’appellate, fratello di GIOVIALE Graziella (detta: “MariaGrazia”).

Prima ancora che le querele venissero rimesse, preoccupato che, ove l’esito di un giudizio fosse stato a lui sfavorevole, i suoi beni ed averi sarebbero potuti essere aggrediti, aveva manifestato i suoi timori a tale Procopio Giuseppe (detto: “Pino”).

Quest’ultimo gli aveva suggerito di affidarsi proprio al GIOVIALE, per tutelare i suoi interessi economici.

E così accadeva.

GIOVIALE, dal canto suo, suggeriva a XXXXXXXXXX un immediato investimento per sottrarre i risparmi ad un’eventuale azione di risarcimento.

Si era trattato di un primo investimento per Euro 60.000,00 che XXXXXXXXXX aveva consegnato al GIOVIALE alla presenza del Procopio.

Investimento che, a dire del GIOVIALE, avrebbe fruttato un profitto pari ad Euro 3.000,00 in soli 2 (due) mesi.

A garanzia della serietà e della certezza dell’investimento il GIOVIALE aveva consegnato alla parte offesa un assegno post datato dell’importo, appunto di Euro 63.000,00, comprensivo del capitale e del profitto.

Era sempre GIOVIALE a tranquillizzare periodicamente XXXXXXXXXX circa il buon andamento dell’investimento, che seguiva personalmente con frequenti viaggi in Bulgaria.

Rassicurato, ed anche perchè la vicenda XXXXXXXXXX ancora non si era risolta, XXXXXXXXXX si determinava ad affidare una nuova somma, Euro 100.000,00, con l’accordo che la stesa gli sarebbe stata restituita. Anche in questa occasione GIOVIALE, a garanzia, consegnava a XXXXXXXXXX assegno postdatato per pari importo.

E però alla scadenza dei 2 (due) titoli ricevuti, nonostante le richieste in tale senso il GIOVIALE non aveva restituito le somme di denaro.

Preoccupato XXXXXXXXXX poneva i titoli all’incasso, ma apprendeva come, in realtà, il GIOVIALE non avesse fondi sufficienti.

Su consiglio del Procopio e dello stesso direttore di Banca Intesa, Macrina, ove aveva posto i titoli all’incaso, spinto dalla paura di non rivedere i suoi soldi, XXXXXXXXXX aveva optato per una “soluzione amichevole”.

Ed infatti si era determinato a sottoscrivere, di comune accordo con GIOVIALE una scrittura privata datata 1 Luglio 2004 nella quale lo stesso GIOVIALE aveva riconosciuto di avere ricevuto i soldi, di averli investiti e nel contempo si impegnava alla loro restituzione.

Contemporaneamente aveva consegnato anche un nuovo assegno dell’importo di Euro 10.000,00 che XXXXXXXXXX aveva provveduto ad incassare.

Nei mesi a seguire XXXXXXXXXX non riusciva ad incassare gli altri titoli di ben più consistente importo, ed era per tale ragione che sentendosi definitivamente raggirato aveva deciso di ricorrere alle vie legali per ottenere il denaro di sua spettanza.

In particolare aveva effettuato un atto di precetto nei confronti della WINTRADE S.r.l. (di cui il GIOVIALE era amministratore unico e delegato e sul cui conto corrente risultavano tratti i titoli rilasciati con la scrittura privata) che però non andava a buon fine atteso che non era possibile rintracciare la sede della citata società.

Aggiungeva ancora come nel ricorso della controversia civile instauratasi in seguito ad opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal GIOVIALE, XXXXXXXXXX, con estrema sorpresa era venuto a conoscenza dell’esistenza di un mandato apparentemente firmato da lui in favore del GIOVIALE, che quest’ultimo aveva impiegato per proporre l’opposizione.

XXXXXXXXXX aveva disconosciuto la firma ed aveva ribadito di non avere mai visto prima quel mandato.

Precisava inoltre come, nella controversia civile, il GIOVIALE aveva coinvolto, oltre alla WINTRADE Sr.l. anche tale Fazio Felice, da lui incontrato nello studio dell’avvocato.

Si è detto della piena credibilità del teste.

La sua ricostruzione contrariamente a quanto dedotto dalla difesa è risultata perfettamente ancorata a tutte le risultanze processuali.

Infondate le censure mosse alla sua deposizione.

Ed invero le stesse sono state tutt’altro che contraddittorie, mendaci o reticenti.

Mai XXXXXXXXXX, nel corso della sua deposizione ha negato, come invece sostenuto nell’atto di appello di avere conosciuto Fazio Felice.

“Nella causa civile è intervenuta la società WINTRADE S.r.l. ed un altro soggetto Fazio Felice… non ci ho mai avuto alcun rapporto…l’avrò visto nello studio dell’avvocato GIOVIALE…insieme a tutti gli altri imprenditori…nessun rapporto di tipo economico o professionale”

Nè ha mai omesso di rivelare come la scrittura privata del Luglio 2004 fosse stata redatta dai suoi legali e firmata dal GIOVIALE.

Su questo aspetto il teste XXXXXXXXXX è stato infatti chiaro e le sue parole non si prestano alle interpretazioni alternative offerte dalla difesa.

Ed invero, si legge, nel verbale di dichiarazioni rese in dibattimento, al foglio 33: “diciamo che questa scrittura privata nasce dal GIOVIALE insieme anche a me nel suo studio ed in base anche ad alcuni consigli che mi furono dati dallo studio Legale XXXXXXXXXX di XXXXXXXXXX…quindi diciamo che l’abbiamo costruita nello studio…mi fu proposta dal GIOVIALE per trovare una soluzione e con l’avvocato XXXXXXXXXX ho discusso di come poter impostare questa scrittura privata…”

Appare logico e plausibile che fu il GIOVIALE ad interessarsi, atteso che la stipula di una scrittura siffatta avrebbe prodotto effetti positivi proprio nella sua sfera. In mancanza lo XXXXXXXXXX avrebbe sicuramente fatto protestare i titoli e questo era un modo per temporeggiare.

Lo spiega bene XXXXXXXXXX nel corso del suo esame: “la scrittura è stata stipulata per fare ritirare gli assegni che erano stati versati…siccome l’avvocato GIOVIALE stava per essere protestato perché quegli assegni erano sul suo conto corrente personale allora si disse: guarda tu ritiri gli assegni e facciamo le cose per bene, riconosco il debito, mi impegno nella restituzione delle somme e procediamo con la restituzione…”

Nè aveva ragione di negare l’interessamento di un legale, sicuramente più pratico nello stipulare scritture private che lo tutelassero. E, in quella fase, vista l’entità degli investimenti non restituiti, aveva sicuramente bisogno di assistenza.

XXXXXXXXXX mai si è contraddetto.

Sin da subito ha negato di avere mai rilasciato il mandato che gli veniva mostrato in aula, disconoscendo la propria firma.

Mai XXXXXXXXXX ha rilasciato un mandato a GIOVIALE.

Nel corso della sua deposizione ammetteva di avere invece rilasciato un mandato alla WINTRADE S.r.l., ma solo per effettuare ricerche di mercato, oggetto quindi che nulla a che a fare con quello che si ricava dal mandato di cui capo C della rubrica.

E’ cosa ben diversa quindi.

Sicchè nessuna contraddizione può rinvenirsi nelle parole della parte offesa, la quale, ha riferito di 2 (due) distinte circostanze in maniera chiara ed inequivocabile.

Nè il racconto della parte offesa è stato in alcun modo smentito dagli altri testi.

E così il direttore della Banca Intesa, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro), Macrina, lo stesso Procopio non si sono mai discostati dal racconto offerto da XXXXXXXXXX.

Solo Fazio Felice ha reso una deposizione contrastante. MA, per come si è visto per lo stesso è stata disposta la trasmissione degli atti all’ufficio di Procura, per falsa testimonianza.

La falsità della sua deposizione emerge in maniera lampante.

Lo stesso ha reso infatti una deposizione palesemente volta alla tutela della posizione del GIOVIALE suo amico. MA la sua è stata una deposizione sotto molti aspetti claudicante e, si questa volta, contraddittoria.

Basti solo pensare che nella ricostruzione, dopo avere sostenuto come lui e XXXXXXXXXX, fossero interessati ad investimenti nei paesi dell’Est Europa, asseriva che GIOVIALE avesse svolto il ruolo di garante, circostanza questa che non veniva in alcun modo spiegata e che, non trova alcuna plausibile giustificazione rendendo quindi il racconto del Felice incredibile, e non in grado quindi di offrire una spiegazione al dato documentale.

Spiegazione che, invece, come si è visto era offerta da XXXXXXXXXX in maniera assolutamente convincente.

Ed ancora, come ampiamente argomentato dal giudice di prime cure – cui si rimanda – la deposizione del Fazio Felice stride con i contenuti della scrittura privata del Luglio 2004 nella quale non si fa alcun riferimento alla ricostruzione dei fatti per come offerta in dibattimento, a riprova che quest’ultima, altro non sia stato, se non un tentativo postumo di aggiustare le cose.

Indubbia quindi deve ritenersi la sussistenza del reato di truffa così come contestato.

Innegabili gli artifizi ed i raggiri posti in essere dal GIOVIALE che avevano indotto lo sprovveduto ed impaurito XXXXXXXXXX a consegnargli ingenti somme di denaro, con la rassicurazione rappresentata dalla contestuale consegna di titoli in garanzia che le somme sarebbero state restituite addirittura maggiorate del profitto.

Parimenti sussistente il chiesto elemento psicologico. La condotta posta in essere dal GIOVIALE anche nelle fasi successive (dalla consegna di titoli scoperti alla successiva stipula di una scrittura privata e consegna di nuovi titoli irregolari) denota la piena consapevolezza e volontà di perseguire un ingiusto profitto ai danni di XXXXXXXXXX.

Quanto all’ipotesi di cui al capo C della rubrica, si è visto come l’assunto di accusa si fondi ancora una volta sulle dichiarazioni, ritenute pienamente attendibili della parte offesa, la quale ha negato di avere mai conferito mandato al GIOVIALE e soprattutto, che la forma apposta in calce al documento fosse sua.

Detta ricostruzione non appare scalfita.

La circostanza che, nel giudizio civile fosse stata disposta una perizia grafologica come sottolineato dalla difesa nell’atto di appello (difesa che però, stranamente si opponeva alla produzione della perizia nelle more depositata nel giudizio civile che la parte civile aveva chiesto di potere produrre) non sposta i termini della questione.

XXXXXXXXXX è credibile. E ha negato la paternità della firma. Ciò basta ad integrare la fattispecie in contestazione, non potendosi dubitare, nemmeno in questo caso circa la sussistenza del necessario dolo. Basti pensare che il mandato, la cui firma veniva disconosciuta da XXXXXXXXXX, veniva prodotto a sorpresa nel corso del giudizio civile e solamente, oltre che stranamente solo in copia, per tentare di non consentire una verifica della paternità del documento.

Nè la parte offesa, per come già esposto, si è mai contraddetta circa il rilascio di mandati all’appellante.

La pena così come inflitta appare congrua in relazione ai fatti così come emersi.

Non appare infatti sostenibile la sua eccessività: il Giudice di primo grado riteneva di partire, per la determinazione della pena finale, da una pena base di 7 (sette) mesi ed Euro 200,00 di multa, di poco superiore al minimo edittale.

La scelta non può che essere condivisa.

Si tratta pur sempre di una truffa di un rilevante valore economico alla luce delle somme di denaro consegnate da XXXXXXXXXX al GIOVIALE che non rende equo partire al minimo di legge.

L’appellante deve essere condannato altresì al pagamento delle ulteriori spese del procedimento nonchè alla rifusione delle spese sostenute per il pagamento del presente grado di giudizio dalla parte civile costituita che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Letti gli artt. 592, 605 c.p.p.

conferma la sentenza emessa l’8.7.2009 dal Tribunale di Catanzaro appellata da GIOVIALE Carmine Vincenzo che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per il presente grado di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 1.100 oltre accessori come per legge.

Catanzaro, 2 Febbraio 2011

Il Consigliere est.

Dott.ssa Isabella Rusi

Il Presidente

Dott.ssa Donatella Garcea

 

Imputato e Condannato per Truffa e Falso in Scrittura privata:
GIOVIALE CARMINE VINCENZO (detto: “Enzo”)

Lista dei Testimoni:
Mar.llo De Santis – Guardia di Finanza – Catanzaro
Branca Valerio
Tigani Vincenzo – (direttore della Banca Antonveneta – Filiale di Soverato (CZ – Catanzaro))
Macrina Francesco Saverio – (direttore Banca Intesa – Filiale di Soverato(CZ – Catanzaro))
Procopio Giuseppe (detto: “Pino”)
Macrì Antonio
Fazio Felice
GIOVIALE Carmelo (padre dell’imputato)

avvocato gioviale